Avete presente quando si raggiunge un punto nella vita chiamato il punto di non ritorno? Quella situazione estrema in cui non si riesce più a tornare indietro. Spesso per motivi di orgoglio personale o impedimenti materiali reali. Pur sempre però una situazione in cui ci si accorge di essersi spinti troppo oltre il limite e di non avere un piano di riserva per rimediare al più presto.
Nessuno dice che Putin non volesse la guerra i morti, l’invasione e le atrocità, ma in questo momento é alla disperata ricerca di una opzione per dare un senso ad una eventuale fine della guerra, anche sin realtà si tratta di un’invasione e non di una guerra.
La resistenza ucraina é esemplare, lo stesso Putin e ancor più i suoi generali sul campo se ne sono accorti presto, ma l’orgoglio e la paura di uscirne umiliato non permettono al leader russo di richiamare le forze e di fare marcia indietro.
Dunque più che continue sanzioni contro la Russia si potrebbero individuare un cessate il fuoco che non umilierebbe la Russia e permetterebbe a Putin di mantenere la faccia. In caso contrario la guerra potrebbe durare davvero molto a lungo e questo non sarà mai un bene per nessuno.
A parte la propaganda dettata dalla sua posizione, nel discorso del 9 maggio non si é visto un Putin orientato allo scontro mondiale, all’apocalisse. Si é visto un uomo nelle vesti di un leader che si é spinto troppo avanti in qualcosa che avrebbe dovuto essere risolto in un paio di settimane.
Ecco perché in questo preciso momento storico il dialogo più che mai potrebbe essere la via d’uscita.
Il Putin di non ritorno

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